I. Giovanni Siotto-Pintor, chiamato suddito di Vittorio Emanuele II, per grazia di Dio e per volontà della Nazione eletto re d’Italia, alla congregazione de’vescovi, la quale è in Roma, insieme a tutti coloro i quali invocano il nome del Salvatore, grazia a voi e pace da Dio padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
II. voi sarete a concilio fra giorni pochi, e di quel vostro convenire nella città de’Cesari, parlerà per lungo andare di tempi il mondo cristiano. Metterete voi in cielo ventitré martiri giapponesi, o raffermerete quaggiù in terra il regno di quel vostro Dio d’ossa e di polpe? Ben altra e più grave deliberazione fu presa senza tanto apparato quando parve a Giacomo Cardinale Antonelli, diacono di Sant’Agata alla Suburra, di far quello che non fecero dugento sessantaquattro papi, sebbene quella per ogni verso immaculata concezione fosse nella coscienza di pressoché tutti i cattolici. Che è dunque che i martiri della terra di Bungodono e di Taicosàma vogliono la solennità che non meritò la reina de’cieli? Ah! Voi avete a decidere un altro domma, il dominio temporale de’papi!