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Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico

Marcello Cossu

p. 10
Quel sobborgo si spiegava dolcemente sopra un magnifico tappeto di verzura: esso era disposto a forma di anfiteatro, e con la sua torre che spiccava in alto fra i caseggiati, e con gli alberi e i giardinetti che lo frastagliavano, faceva un bellissimo vedere. Era il sobborgo di Salvenero, il quale sorgeva un tempo nelle circostanze di quell'antica città cartaginese distrutta dai Vandali, che fu Plubium e che ora si chiama Ploaghe. Scendendo da questo villaggio vedonsi tuttogiorno gli avanzi del sobborgo accanto ad un antica chiesa abaziale ed ai ruderi di un monastero.

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p. 10
Anche i nostri nepoti un giorno travolgeranno e distruggeranno le nostre magnificenze; ove ora è vita e bellezza, ivi sarà morte e squallore! - Questa è legge ineluttabile del tempo!

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p. 11
La chiesetta è quasi integra e assai bella per l'antichità che conserva. Essa è dello stile medievale;è disposta in forma di croce latina ed ha una sola navata. Aveva pure il pregio di una magnifica travatura simile a quelle delle chiese d'Ardara e di San Gavino di Porto Torres, però i moderni guastamestieri, nell'intento di restaurarla le hanno svisato il bel carattere. Al luogo della travatura fu costrutta una lucida volta - furono chiuse le aperture ogivali d'origine pisana e il finestrone rotondo d'onde prendeva luce, fu trasformato in una finestraccia sguaiata. Sull' altare maggiore si conserva tuttavia un simulacro, che rappresenta San Michele vestito alla guerriera, a cui era intitolata la chiesa.

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pp. 11-12
Il monastero oramai distrutto dalle infinite ricerche di sognanti tesori, era anch'esso opera pisana. Fu fondato nel 1139 da Mariano II regolo di Torres, - principe pacifico,sapiente e oltre dire pietoso - con bolla di  papa Innocenzo II. Esso aveva un sol piano superiore e veniva posseduto in un altra chiesa e sobborgo, con le sue terre schiavi ed armenti, da quei monaci Benedettini detti di Vallombrosa. Questi, ogn'anno alli 29 settembre, vi celebravano una gran festa con tutto lo sfarzo monacale d'allora.I villaggi vicini, gran parte del Logudoro e d'altre contrade dell'Isola vi concorrevano; massime per assistervi all'apertura della Porta Santa, che si eseguiva nella chiesa con un modo di curiose cerimonie, e con concessione d'indulgenza plenaria. Era appunto in così fatta ricorrenza che tutta quella gente viaggiava alla volta di Salvenero, e con tanta premura e letizia che avrebbe fatto pietà nel pensare alle sue immani disgrazie. - Ma era questo l'andazzo di quei tempi ne' quali, un momento di sollievo, bastava ad obliare ogni durato affanno!

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pp. 12-13
Inallora Salvenero era stupendo a vedere. La giornata aveva seguito a farsi sempre più splendida; il sole percorreva fulgido e raggiante l'ampia distesa del firmamanto; il sobborgo sembrava un gran padiglione di luce vagamente intersecato da cupe ombre d'alberi e da vivacissimi colori. Vedevi le case addobbate con molta cura, e dai balconi di esse, svolazzare drappi e festoni di gran valore. Le vie sparse di fiori e di mirti, ondeggiare dal frenetico brulichio dei terrazzani. Sullo spianato della chiesa disposto in semicerchio, si spiegava uno stuolo di trabacche, di panche e di panconi, che non terminavano più. Qui erano accovacciati alla rinfusa i mercadanti e i rivendugli d'ogni genere di cose. Quà i Milesi che vendevano i loro frutti dorati  e la classica varnaccia - i Bosani, la loro peloponnesa malvagia; qui, cerusici con medicinali confezioni efficacissime a qualunque malanno; colà, un giullare, costà un saltibanco che fanno strabiliare la gente co' melodiosi preludi del liuto – col canto d'una patetica romanza, o con mille spiritosità di buffonate.

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