Italia ed Europa
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
pp. 46-49
Adelasia di Torres sarda eroina fra le più illustri però oltre ogni dire sventurata, dopo la morte del suo primo marito Ubaldo Visconti, il quale fu giudice di Gallura e di Torres a un tempo era passata in seconde nozze con Enzo il bastardo di Federice II di Germania. L' ambizione di essere nuora dell'Imperatore e il superbo titolo di regina che questi scaltramente le prometteva e a cui venne innalzata circa il 1240, avevano disposto l'incauta principessa a contrarre quel maritaggio, il quale poi le doveva costare un mondo di sciagure per tutto il tempo della sua vita. [...] In modo speciale inveiva contro le pulzelle del suo dominio; queste venivano rapite dai ferocissimi bravi, che si teneva attorno per servirlo, e trasportate nel Castello, ove poi di essere oltreggiate e turpemente contaminate, si facevano morire fra i più crudeli tormenti.
pp. 51-52
Il dipinto alludeva all'eroico fatto della principessa Verina figlia di Comita di Torres, la quale, avendo sorpreso dodici mori che a tradimento di notte tempo tentavano appicciar il fuoco agli accampamenti dei Sardi, con maschio ardire ne uccise due e poi corse ad avvertirne i Sardi, che usciti alla lor volta fecero compiuto massacro non solo di quei dodici, ma di ben due mila infedeli. Con ciò la principessa Verina fu pienamente vendicata dell'immatura morte del suo sposo Artemius ucciso poco tempo prima mentre combatteva contro gli stessi mori. - il fatto avvenne circa l'anno mille. Quella sala era la reggia dei dinasti turritani in cui amministravano la giustizia fin da quando la vetusta città di Torres venendo distrutta dalla pirateria saracena, indusse Comita II e la sua sorella Giorgia a trasferire la corte in Ardara. Stavano in quell'ora nella reggia due individui attorno ad una certa bisogna mentre ragionavano con la più bella tranquillità del mondo. Uno di essi era un vecchiotto grinzoso dal naso aquilino, dagli occhi di civetta, di bassa statura - esile esile; l'altro - una donna avvizzita anch'essa dagli anni e più che da questi, dalla lascivia; ma d'un alta taglia e d'una remota beltà che se l'intravedeva nel volto. Ella era Bianca Lanza lombarda così detta nelle storie - e colui, Donno Michele Zanche il sedicente Giudice di Torres.
p. 54
Di esentare il Giudicato da ogni e qualunque pretesa vi possano avere que' bravi marchesi di Massa che non si stancarono mai di farmi la guerra... e la Eccellentissima Santa Sede, che quando trattasi di successioni, non la mancano sicuro dritti d'addurre e pretensioni.
p. 57
Perocchè tornando il mio padrone Giudice Nino a' suoi Stati, ciò che si crede fra breve, mi converrà scendere dal seggio e accontentarmi da soli miei risparmi – Non dovevi pensare diversamente... - Adunque sarebbe stata bella che dopo d'essermi consumato attorno agli affari di casa altrui, me ne dovessi - per vivere - ritornare all'aratro come un Cincinnato di Roma?
pp. 58-59
Il conte Guelfo di Donoratico, figlio dell'infelice Ugolino della Gherardesca. - Mio stimato Signore... e l'uccello che si vuole sgabbiare? - Messer Lamberto di... - Basta! colui è un grande assasino... piccola bagatella uno degli affigliati di Santa Zita... O, il capo di costui pesa troppo e dev'essere mezzatto! [...] - Come va, Gomita, che tu intercedi grazie a favore di quel conte? Non è egli l'implacabile nemico del tuo padrone Nino Visconti?... E adesso che ci penso, messer Lamberto è uno dei caldi aderenti dei Donoratico.