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Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

pp. 119-121
Questo Castello di Goceano – soggiunse – ha figurato molto nella storia dell'isola; esso fu innalzato nel 1127-29 da Gonnario di Torres. Verso l'anno 1191, dopochè Costantino di Torres era passato in seconde nozze con una donna catalana, detta Punclosia, questa fu rapita da Guglielmo di Massa dal castello dove essa si trovava, dopo un combattimento che succedette non lungi di la sopra la riva del Tirso; in seguito il castello fu restituito da Guglielmo a Gomita, fratello di Costantino. La storia dopo aver accennato il fine tragico di Barisone di Torres, assasinato nel 233 dai sicari di Ubaldo, soggiunge Adelasia, sorella di Barisone e vedova di Ubaldo, sposò in seconde nozze il famoso Ezio, figlio naturale dell'imperatore Federico, ma non ebbe molto a lodarsi di questo maritaggio, perchè la maltrattò, e finì di farla chiudere in questo castello dove sembra che essa morisse. - Questo Castello alla caduta del giudicato di Torres passò nelle mani dei Doria, indi fu occupato dai Giudici d'Arborea. - Nel 1323 fu dato in pegno col castello di Bosa da Ugone Giudice di Arborea per una forte somma che egli doveva al re d'Aragona; questi ne affidò la custodia a Raimondo Seminat. - Nel 1324 venne attaccato dai Pisani ch'erano sbarcati a Terraferma, ma non lo poterono prendere. - Nel 1328 Alfonso ne confermò la possessione ad Ugone d'Arborea. - Nel 1338 fu concesso a titolo di contea a Mariano, figlio d'Ugone. - In questa fortezza nel 1347 fu condotto il cadavere di Guglielmo di Cervellon morto nella foresta vicina, dopo la funesta giornata di Aidu de Trudu. […] Nel 1478 Arbaldo di Alagon ed il Visconte di Sanluri, dopo il cattivo successo dell'assedio di Ardara, e la disfatta di Mores, si ritirarono in questo castello. In fine nello stesso anno dopo la sconfitta del marchese d'Oristano sotto Macomer, Marongio, comandante dei Sassaresi al servizio del re d'Aragona, si diresse verso questo castello di cui s'impadronì dopo una corta resistenza, facendovi prigionieri due figli e due figlie naturali del marchese. Questo è l'ultimo fatto di cui il castello del Goceano è stato testimonio. D'allora in poi fu incorporato alla corona insieme a tutta la contea. Gli Aragonesi, padroni di questo paese, alla caduta dei marchesi d'Oristano, lo abbandonarono e così cadde in rovina.

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pp. 161-162
Siamo sotto Custoza, in quella funesta giornata perduta dagli italiani, la quale formerà nella storia una pagina lugubre e vergognosa! Custoza è un'altra poco discosta da Verona; ivi il valore italiano, per nessuna cautela dei capitani dell'esercito, fu sopraffatto dal nemico; migliaia di uomini furono lanciati là nelle regioni dello sconosciuto – Austriaci e Italiani si batterono con sovrumano valore, formando di sé monti di cadaveri; ma i primi ebbero la vittoria – una sanguinosa vittoria! Quei caduti, amici e nemici dormono là insieme e sia lieve anche agli stranieri, la terra straniera!... Io vi riporterò qui un brano della Relazione fatta dallo Stato Maggiore sul conto della perduta battaglia:[...] Comunque sia, fatto è che al mattino del 24 al comando generale dell'esercito italiano nulla si sapeva della marcia avanti degli austriaci. Pur troppo non lo si sapeva perchè non lo si volle sapere!

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p. 180
Il nostro arrivo fu salutato con gioia dai vignaiuoli grazoncelli e villanenne che si trovavano nel perdio intenti alla vendemia. O, come si notavano lieti nella bisogna! quanta giocondità trapelava da loro! com'erano felici! - E chi più di essi! - Forse gli Epuloni con i loro incalcolabili tesori che si tengono chiusi nelle splendide sale d'un castello? - Niente affatto... E' il caso di ripetere quello che disse un giorno Solone a Creso re di Lidia, il quale nel fargli mostra delle sue immense ricchezze, lo domandava se egli veramente lo reputava l'uomo più felice della terra. No, gli avea replicato Solone, io conosco un uomo più felice di voi; questi è un contadino della Grecia, che non essendo né povero, né ricco, non ha che pochi bisogni ai quali provvede colla fatica delle sue mani.

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Milano, Arnoldo Mondadori Editore

Canne al vento

Grazia Deledda

p. 380
I fantasmi degli antichi Baroni scendevano dalle rovine del castello sopra il paese di Galte, su, all'orizzonte a sinistra di Efix, e percorrevano le sponde del fiume alla caccia dei cinghiali e delle volpi: le loro armi scintillavano in mezzo ai bassi ontani della riva, e l'abbaiar fioco dei cani in lontananza indicava il loro passaggio.

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p. 386
Altri tempi, Noemi, sorella mia! Del resto i signori sono appunto i mercanti, adesso. Vedi il Milese? Egli dice: il Barone di Galte adesso sono io.

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