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Contatti con altri paesi

Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875

Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo

Marcello Cossu

p. 48
Fatto appena un mezzo miglio, prendemmo a battere un sentiero assai angusto e scosceso. Talvolta esso si spingeva su su, come per raggiungere l'ertezza d'un ciglione, tal'altra scoscendeva a precipizio fra balze e dirupi spaventosi. I nostri cavalli vincevano con impareggiabile destrezza quelle asperità, e galoppavano alacremente. Facevano piacere a vederli inerpicarsi su quei burroni, e poi scivolare senza pur fallire un piede, con quell'animosità loro propria. Queste nostre besticcole – che ben si possono così chiamare a petto degli stalloni di continente non addimostrano a prima vederle la grande abilità che si hanno e per cui tornano a noi molto care; nessun'altra cavalcatura farebbe al nostro caso; esse sono al Sardo alpigiano, come il camello al nomade dell'Africa. La provvida natura dispensò saggiamente i suoi doni. Dopo aver camminato buon tratto al detto modo, sbuccammo alfine in una vasta pianura, la quale andava a confinare nella foltezza d'un bosco, che si vedeva in lontananza. - Noi dovevamo traversare per lungo tutta quella pianura e poi anche il bosco. Pertanto quì rincominciò il nostro garrire, che finora era stato acchetato dalla strada malagevole. Il mio amico, Riccardo come se nulla gli pesasse più sull'animo del conto della sorella, ridivenne gaio, ed era bello a vederlo far spiccare graziosamente corvette e caracolle a quel su briosissimo puledro.

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p. 57
Si sa, proseguì Paolo >> sogliono chiamarlo: don Blas d'Aragona!. << Infatti il Castello di Burgos fu posseduto un tempo dagli Aragonesi; anzi furono gli ultimi ad abbandonarlo.

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pp. 70-71
Avevo, come già dissì il cappello alla Lobbia, sormontato da una splendida, piuma di pavone che mi rammentava il secolo di Don Rodrigo; i pantaloni all'inglese, color mandorla fresca tagliati proprio alla gamba – il panciotto della stessa stoffa e colore – la cacciatora di velluto, color verde bottiglia e gli stivali a tromba della più schietta pelle di Russia. Dopo aver passati in rassegna tutti questi abiti e fattane la debita pulizia, tolsi dal carniero un bel petto a merletti, un paio di polsi ed un colletto alla Bismark con una elegante crovattina del colore di questo stesso nome. I colletti e i polsini alla Bismark inallora erano in gran voga. Bismark, egli è quel politicone germanico di cui si è tanto parlato e si parla; il gran Cancelliere dell'impero di Guglielmo di Prussia – l'Archimandrita della massoneria tedesca.... amico non troppo di noi... Egli è tal uomo, il di cui nome passerà alla posterità anche per bocca della moda!

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p. 75
Io invece t'assicuro che se un civil cittadino, non mai uscito dai lussureggianti dintorni della sua città, passasse per caso in uno dei nostri poveri villaggi, alla vista dei tuguriosi e melanconici abitacoli, e del tetro e miserabile aspetto che essi hanno, si crederebbe senz'altro di esser capitato fra i selvaggi d'America e d'Australia!

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pp. 115-116
Per cui partì da Cagliari il 20 giugno 1796 una Commissione Regia composta dei cavalieri Musso, Guiso, Delirio e Pintor-Sirugu ossia Pintoreddu. Arrivano in Bono il 20 luglio; piantarono 2 cannoni in S. Raimondo, i Bonesi fuggirono nella montagna di Suruddò tutti armati e facendo fuoco alla truppa. Si diede intanto il sacco al villaggio, uccidendo porci e bestiame: incendiando le case dei capi di Bonifacio Cocco, di Costantino Angioi, dei fratelli Rabatta e di Giovanni Antonio Manconi. Le truppe trovarono provvista di pane, carne e vino in molte case, si diedero a mangiare e bevere tanto che i soldati di Schmit restarono ubriachi, e cadevano per le strade. I Bonesi intanto erano all'erta, scesero dal monte, e s'impossessarono dei cannoni che portarono in trionfo dentro il villaggio. La Commissione partì per Ozieri, e l'affare fu ultimato con un'amnistia, e furono pure restituiti i vasi sacri che nel saccheggio furono tolti dalla chiesa.

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