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Leggende

Lanusei, Tipografia Sociale, 1885

Ritedda di Baricau

Marcello Cossu

pp. 25-26
I preti ebbero sempre modo di condur l'acqua al loro molino, - Si ha per certo che un Parroco d'Ilbono, or son molt'anni, da povero che era, divenne in breve ricchissimo; ed ecco in che modo: Un giorno, un pastore portò in dono al Parroco un bel pezzo di muflone in cui casualmente, il prete trovò una palla di puro argento. Di che meravigliatosi, chiamò il pastore per averne spiegazione; e questi gli fece sapere che egli era solito far le palle pel il suo archibugio con certe pietruzze, che trovava alle falde di una montagna, poco lungi da quel di Talana. Allora il Parroco si fece condurre in quella località, dove potè constatare l'esistenza di un filone di argento purissimo. In seguito, messosi il Parroco in relazione con un capitano di nave, che spesso faceva rotta per Tortolì, per acquisto di vino, con mille precauzioni e con tutta segretezza, acciò eludere la vigilanza del regio Governo, fece di sfroso, trasportare in Continente una gran quantità del minerale, che fu giudicato e venduto per puro argento. Siffattamente il Parroco d'Ilbono divenne ricco, a segno di avere d'argento, persino i vasi per gli uffici più umili. Ed erano tempi in cui si riputava ricco, chi avesse posseduto in contanti un centinaio di scudi! - In progresso di tempo, certo per franamenti accaduti nella montagna, si perdettero affatto le tracce di quella importantissima miniera, che invano ancora si ricerca.

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p. 41
Altro giovine bello come una fanciulla, ricco di censo e innamorato perdutamente delle rare bionde del suo paese. - Amabile Rosedda! - salutavano un Pietrino ed un Battista, alti entrambi, e ben tarchiati della persona; però, il primo dal viso bruno e dagli occhi cilestri e biondo come un figlio della vecchia Albione.

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p. 59
In quell'ora splendeva il melanconico raggio della luna dietro un sottil velo di nubi, da cui non era tolto che la stella sacra a Citerea si coronasse anch'essa della propizia sua luce. Ardevano le Pleiadi di tutte le loro faville, e sopra le ruote di fuoco, inoltravasi il carro di Boote per le silenziose vie della notte.

leggende, lingua

pp. 81-84
A proposito della voragine di Arquerì, il volgo crede che in fondo di essa abiti un demonio per nome Olla, il quale sia depositario, anzi padrone di favolosi tesori in moneta battuta. Or sono molti anni ( mi racconta un mio stimato amico ) si organizzò in Lanusei una società di sognatori di tesori, allo scopo di conseguire il possesso del tesoro di Arquerì. Si era trovato il prete, che per mezzo di certi suoi esorcisti, facesse evocare il maligno spirito... ma il forte stava di avere un individuo disposto a far con lui patto esplicito, mediante una scrittura di sangae; condizione senza la quale, il diavolo sig. Olla, non avrebbe reso il becco di un quattrino. Dopo molte ricerche, si offrì ai soci un Toscano, vero tipo da Ercole, con certe spallacce quadre, che avrebbero atterrato un muro, provvisto d'un pugno capace di stordire un bue e piantato su due salde gambe. Era l'uomo che si domandava, Però sulle prime, anche costui era peritoso per la famosa scrittura... Se noo che, lusingato dalle larghe promesse dei soci che egli diverebbe ricco per la miseria di poche goccie di sangue, fini per accettare la partita, dìsposto di lasciarsi cavare anche un litro di sangue, purchè venissegli mantenuta la promessa. Pertanto, trasferitisi i soci in Arqueri, discesi nella voragine, ivi giunti, il prete diede principio agli esorcismi, mentre gli altri gridavano a riprese: Olla! Olla! Ma il signor Olla non se la dava per intesa, e faceva orecchi da mercante... Nullameno il prete continuava ad esorcizzare e coloro a gridar sempre più forte. Solo il Toscano impazientivasi... Alla fine, non vedendo questi comparire il diavolo, anzi riputandosi preso per finocchio, dato di piglio ad un nodoso randello, inconminciò a menare sui compagni, non escluso il prete, una tempesta di botte di sauta ragione! Tutti allora malinconici, iuggirono a gambe levate, e così terminò quella malagurata impresa. Di loro avvenne come si suol dire dei pifferi di campagna, i quali erano andati a suonare e rimasero suonati!

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p. 86
La tradizione attribuisce la formazione di questo passaggio ad un miracolo del famoso S. Giorgio, Vescovo di Barbagia, onde prese il nome. Si racconta, a proposito, che condotosi un giorno per la visita pastorale in queste parti montuose della sua diocesi, questo santo Prelato, trovandosi molto stanco, e obbligato di dover percorrere ancora della strada molto spaventosa e lunga per arrivare ad Osini, egli comandò alla montagna di aprirsi per facilitare un mezzo più pronto per arrivare' a questo villaggio; ciocchè fu dato all'istante.

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