Limiti
Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
p. 94
Mantegazza, riguardo ai sardi, parlò di inerzia e di malaria; il Corbetta invece parlò d'inerzia e d'infingardaggine, proveniente da un certo fatalismo a cui si abbandonano.
p. 98
Oristano è una città eminentemente calunniata. Ognuno esagerò ed esagera la sua malaria, le sue febbri... ed altro ancora. Fu già detta la tomba dei forestieri. Maltzan, che chiama insalubre tutta la Sardegna, scrive per Oristano che essa è l'orrore di tutti gli orrori.[...] Se poi è vero che a Oristano le febbri di stagione si verificano di frequente, esse non sono diverse di quelle che si colgono in molti altri paesi dell'isola, che pure non godono del titolo di “tomba dei forestieri”!
p. 161
Molti scrittori – fra cui il Valery – rilevano che nel campidano s'invecchia presto.
pp. 283-284
La nobiltà sarda, poi, è in genere una delle più modeste; essa non può vantare imprese guerresche... quando imprese guerresche poche vanta la Sardegna, costretta sempre a baciare lo staffile di cento padroni. L'origine della nobiltà, più che premio al valore, fu prodigalità di politica spahìgnolesca, per affermazione di dominio. Si volle con diplomi e privilegi lusingare la nostra vanità, solo per soffocare nel nostro cuore il sentimento nazionale. E dobbiamo in gran parte a codesta nobiltà la perdita di quell'indipendenza, che per oltre un secolo mantennero gloriosamente i regoli d'Arborea. Ben spesso, è vero, la concessione delle nobiltà fu dovuta a generoso impulso di monarchi, che seppero con saggezza sfruttare la vanità di molti ambiziosi, a solo vantaggio dell'isola nostra. Carlo V concesse privilegi e diplomi ad uccisori di pirati africani; ond'è che per venire fregiati di un titolo di nobiltà, gli aspiranti si videro costretti a correre le spiaggie col fucile in ispalla, andando a caccia di mori, come oggi si va a caccia di merli; - e i mori intanto diminuivano, come i nuovi cavalieri aumentavano. Vittorio Emanuele I, nel 1806, concedeva la nobiltà progressiva ai piantatori di quattromila ulivi, minacciando la galera a chi ne atterrava uno; ond'è che la Sardegna, in meno di un secolo, si vide arricchita di migliaia di ulivi e di migliaia di cavalieri. Che più? Quasi in ogni tempo i governi abbisognavano di danari per far la guerra, o per difendersi dagli aggressori; e la Spagna e il Piemonte chiedevano danaro ai sardi, offrendo loro in cambio dei diplomi di nobiltà a buon mercato; ond'è che i nobili uscivano dall'oscurità, come gli scudi entravano nelle regie casse di Barcellona o di Torino. Il numero dei titolati si moltiplicò come le cavallette, e diede motivo a mormorazioni ed a proteste nel Parlamento del 1698, convocato sotto Carlo II; in cui si osò rappresentare, che la nobiltà sarda perdeva di prestigio per due ragioni: e perché si concedeva ai villici ricchi, che non sapevano mantenerla con decoro e perché se ne facilitava l'acquisto col tenue prezzo della vendita. I monarchi spagnuoli e sabaudi elevarono il prezzo dei diplomi... ma le richieste, invece di diminuire, crebbero oltremodo, stanteché la vanità umana è assai più grande della misericordia di Dio!
Milano, Arnoldo Mondadori Editore
Canne al vento
Grazia Deledda
p. 413
Eppure, di tanto in tanto, donna Ester aveva come un brivido di rimorso, un pensiero segreto quasi colpevole. Giacintino... la lettera scritta di nascosto...