Nazioni extraeuropee
Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Elodia e la repubblica sassarese. Romanzo storico
Marcello Cossu
p. 118
Noi diremo alcune parole su questo Etiopo, che ne dovrà assai interessare. Egli era nativo della Libia ed un giorno era ricco e potente; ma la sua stella lo volle misero schiavo. In un funesto scontro che egli ebbe coi Giannizzeri del Soldano, fu fatto prigioniero, trasportato in Oriente e ivi venduto. Caso volle che Federico passando in quelle incontrade lo vedesse e, trovandolo robusto e forte, non che calcolando sulla fedeltà del moro verso il suo padrone e sul terrore che incuteva nei Sardi così fatta genìa, lo comprasse ed accomodasse a suo servigio.
p. 119
Eppure il moro è ospitale come l'Oasi del suo deserto... amico come l'ombra delle sue palme... soave come il frutto del suo cocco... La sua ardenza supera i calori di Sahara, il suo furore, i groppi del Simouhr.
pp. 145-146
Ella diceva son pur belle le sarde ville; ma non però così sfarzose e lussureggianti come le nostre d'Oriente. Qui non sono le pacifiche nostre ombre di palme; mancano il cipro, il nardo, il cinamomo e gli alberi d'incenso, di mirra, d'aloe e d'ogni più eccellente aromato; mancano il laghetti d'acque cristalline, ove guizzano infinità di pesciolini d'oro, i zampilli d'acque odorifere alle nostre religiose abluzioni e mille inenarrabili magnificenze che in quella nostra terra a larga mano son sparse. O, se voi, madonna, avreste potuto vedere i giardini del Soldano, il suo sontuoso Harem, avreste creduto la terra imparadisata.
pp. 146-147
Sulle sponde muscose della Palestina – là verso Oriente – e ove le onde del Mediterraneo amorosamente si frangono fra gli scogli, siede una cospicua città intenta mai sempre nel traffico. << Essa ha il nome Iaffa ed è la patria mia.
pp. 147-148
Nè in me il buon padre praticava quel rigido costume adoperato dai Musulmani verso le loro donne nel tenerle cioè severamente custodite negli harem; tutt'altro, egli anzi mi concedeva molta libertà e mi permetteva di seguirlo nei suoi lunghi viaggi. Con lui visitai remote contrade - popoli diversi, e vidi svariati costumi e appresi un mondo di cognizioni. Una volta passando per l'Africa ci fu data occasione di fermare all'Etiopia ove il figlio dell'Emira avendomi veduta fu preso d'amore per me. Egli era un bel moro sui vent'anni, d'alta statura e di robuste membra; i suoi lineamenti erano graziosissimi, la sua fisonomia nera si, ma molto grata. Aveva i capelli maravigliosamente ricciuti, le labbra tumide e di corallo, i denti a filze di perle; gli occhi gli lampeggiavano più d'un berillo. << Le sue attrattive erano poi poste vagamente in mostra del simpatico costume che indossava; aveva al petto un giustacuore scarlato, alle gambe, candidi calzoni, ai piedi rosei calzaretti e in capo un vasto turbante attorcigliato. Col pugnaletto ritorto al fianco, con delle catenine d'oro schietto e gemme che gli brillavano da tutta la persona.