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RECENSIONI

Lo Frasso, Buragna, Quasini e Costa, Paolo Cherchi: “Coltivate questo lavoro“

Nel campo di Mamusa matura il Moderno

La Grazia e il suo Angelo

Formidabile Grazietta!

Le lettere deleddiane

Deledda, le lettere inedite rinvenute nella Biblioteca nazionale di Firenze

Grazia tra fiori secchi e ciocche

Deledda: i sogni di gloria di una futura Nobel

Filologia sarda in rete

Viaggio nei vocabolari con Efisio Marcialis

Il narrare dei sardi aperto a tutte le lingue

Il genio creativo di Giovanni Arca

Tra le pieghe della Deledda

Nell'universo di Sebastiano Satta

“Ecco la letteratura sarda”

Il mio ispiratore? Umberto Cardia

Una tradizione tra storia e leggenda

I testi editi dal Centro di studi filologici sardi (2002-2004)

Le prospettive della filologia

Lo zibaldone di Sebastiano Satta

Storiografia, politica e municipalismo nella Sardegna seicentesca

Lettere a cavallo tra due secoli

L'odissea di Predu Mura

Sassari contro Cagliari nella Sardegna del '600

Il documento minore di Sardus Fontana

Testi e documenti del Medioevo sardo

Una Sardegna inedita e dimenticata

La scrittura militante di Francesco Ignazio Mannu

Proto Arca Sardo senza (pre)giudizi

Complessità e plurilinguismo nell'opera di Giovanni Delogu Ibba

Un fascio di luce sul medioevo sardo

Passione per la montagna e storie dietro un cognome

Poesia ininterrompia

Un nuovo testo del Centro di studi filologici sardi diretto da Paolo Maninchedda ed edito dalla Cuec

Dalla Cuec dieci perle per la collana Scrittori sardi

Le agende di Satta

Salvatore Satta letto attraverso i manoscritti

Satta, ecco il codice del Giudizio

Tra moderatismo filomonarchico e suggestioni libertarie

Sei grandi autori sardi per capire il passato

Dalla polvere di antichi scaffali

La tradizione e i suoi testi

Dolce scontrosa ragazza

Centro di studi Filologici Sardi: una bella realtà da valorizzare

«Io, il bandito Giovanni Tolu». Vera storia del famoso latitante

L'odissea di Predu Mura

A distanza di dodici anni dall’edizione critica delle ultime tre raccolte delle Poesias d’una Bida di Predu Mura, Nicola Tanda, con la collaborazione di Raffaella Lai, propone, per la collana Scrittori Sardi, la pubblicazione integrale dei testi che lo stesso poeta di Isili aveva radunato in una sorta di percorso stilistico a ritroso.
Sul finire delle pagine introduttive, Tanda utilizza queste parole di Garcia Lorca per riassumere la concezione contemporanea della poesia: “l’uomo si avvicina per mezzo della poesia con rapidità al punto a cui il filosofo e il matematico volgono le spalle in silenzio”. Ma nel caso di Pietro Mura l’elenco dei silenti potrebbe allargarsi, per includere coloro i quali, per inerzia dogmatica, non hanno preso coscienza che il sistema letterario era cambiato in Sardegna e nel mondo, perché era il mondo stesso ad essere cambiato.
“Quando cambia infatti la visione delle cose del mondo, cioè il significato, cambia anche il modo di comunicarla, cambia cioè insieme al significato anche il significante”. Eppure quella del Novecento è stata una lezione che “non abbiamo saputo né voluto capire, poiché avevamo libri di testo di letteratura italiana, universitari e scolastici, viziati dalla ideologia che apriva tutte le porte e che spiegava tutto, proprio tutto”. Un secolo di poesia e di letteratura in genere che alla massificazione e alla monocultura industriale ha contrapposto le istanze del plurilinguismo e del pluriculturalismo, sperimentando forme espressive che, assolutamente aperte ai dialetti e alle lingue altre, hanno favorito il formarsi delle consapevolezze identitarie.
Un cambiamento questo che, nell’era di internet, impone di affrontare il problema, oggi più che mai dibattuto, del rapporto fra locale e globale, un cambiamento al centro del quale Nicola Tanda colloca, in Sardegna, un artigiano del rame diventato artigiano di versi. La sua opera, emancipatasi dall’eredità di una tradizione scritta e orale ormai convenzionale e stilisticamente indefinita, ostaggio come era delle “tre corone (Carducci, Pascoli, D’Annunzio)” incarnate, in italiano, da Sebastiano Satta e, in sardo, da Peppino Mereu e Antioco Casula, ha rappresentato dalla fine degli anni Cinquanta l’avanguardia della rinascita poetica in lingua sarda, di una lirica finalmente restituita ad “un percorso certamente più congeniale al vecchio idioma”, eppure permeabile agli itinerari più avvincenti della poesia contemporanea.
“Fippo operàiu ‘e luche soliana / commo so’ oscuru artisanu de versos / currende un’odissea ‘e rimas nobas / chi mi torret su sonu ‘e sas lapias / ramenosas campanas / brundas timballas e concas / e sartàghines grecanas”..

Eleonora Frongia

 
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